09/06/11

E la Danza si fa "sociale" SENSIBILE

Francesca La Cava e Rosaria Iovine a Danze Barbariche
Intervista di Roberto Giannetti

L’arte come momento di riflessione sul sociale. 
La creatività che viene utilizzata dagli artisti per proporre lavori e ricerche originali in cui danza è una sorta di territorio attraverso il quale si fondono i linguaggi delle arti visive, del teatro, della cultura etnica, della musica. Una fusione di stili e di generi diversi che ha dato vita a spettacoli che rappresentano un momento di dialogo, di confronto su tematiche sociali. Tutto questo è “Danze Barbariche”, il cui sottotitolo non a caso è proprio “Sensibile Contemporaneo Sensibile”, la rassegna in corso di svolgimento a Fonderia ‘900, lo spazio in via Assisi 33, a Roma. Un cartellone ricco di spettacoli che ha dato spazio alle più prestigiose coreografe della scena italiana che hanno proposto lavori incentrati sulla ricerca dei linguaggi e sul sociale. Il percorso attraverso i sensi deteriorati dalla detenzione è stato presentato da Rosaria e Carmen Iovine, insieme a Siliana Crocchianti, in “Stanza 22”. Il pensiero che l’acqua sia fonte di vita, di piacere, di forza e paura, di ricerca e di speranza è racchiuso in “Water-Raccontare l’acqua”, il grido di denuncia di Francesca La Cava sull’utilizzo del bene primario dell’umanità. Fino a sprofondare nell’universo femminile proposto dalle coreografe e danzatrici Michela Barasciutti, Marika Vannuzzi, Elisabetta Rosso, autrici di “Looking Out”. Senza dimenticare “Naufragio con spettatore”, un momento di riflessione sul dramma degli sbarchi dei clandestini in terra siciliana che il coreografo Roberto Zappalà ha presentato nel maggio scorso al Teatro Montevergini di Palermo durante la rassegna “Una Danza in Sicilia”.

Per parlare della manifestazione e per approfondire il messaggio lanciato nei loro spettacoli abbiamo incontrato le autrici di “Water – raccontare l’acqua”, in scena a pochi giorni dal referendum sulla privatizzazione dell’acqua, e di “Stanza 22”.
Francesca La Cava, autrice di “Water”, ha lavorato in numerose compagnie italiane, anche come solista, in Italia e all'estero, tra le sue prestigiose collaborazioni è stata assistente alla coreografia di Elsa Piperno. Dal mese di aprile 2009 è presidente del Comitato Sostieni La Danza a L’Aquila”, nato in conseguenza del sisma del 6 aprile, per aiutare i giovani de L’Aquila a continuare a studiare danza nella propria città.

Francesca, nei tuoi lavori porti in scena il quotidiano, le denunce alla società e alla storia dei nostri tempi. Ci racconti come nasce l’idea di “Water”, uno spettacolo che parla di acqua come fonte di vita, di piacere, di forza, di paura, di ricerca, di speranza…
L’acqua è sempre stato un elemento importante e presente nella mia vita. Sono nata a Cagliari ed ho passato la mia infanzia nel meraviglioso mare della Sardegna, sono un ex-nuotatrice e “Water” è nato sicuramente anche da questi elementi. Negli ultimi anni, si è parlato tanto di privatizzazione e mi è venuto naturale creare un lavoro intorno al tema dell’acqua. Così nasce Water. Lo spettacolo porta in scena un percorso intorno a questo prezioso elemento e conduce il pubblico a riflettere sulla sua importanza. E’ interessante constatare che alla fine della spettacolo il pubblico ha sempre sete!”

Nella tua formazione culturale ti sei interessata all’analisi del Mito, il concetto di dare un senso di sacralità ai temi che proponi nei tuoi spettacoli. Dunque anche “Water”, conferisce un significato religioso e spirituale all’acqua?
L’acqua è stata fonte di ispirazione letteraria, musicale, vocale e di luoghi comuni è un elemento che offre la possibilità di conoscere e di esplorare, è una risorsa preziosa, è un diritto alla vita e un bene comune. Sicuramente ha un significato sacro. Nello spettacolo, partendo da luoghi comuni e detti popolari, parliamo di acqua come quotidianità, come forza e distruzione, come benessere per approdare a un mondo senza acqua nel quale i danzatori pregano per riaverla e infine, nell’ultimo quadro, quello del ritorno alla vita, l’acqua e la gioia sono trasportati da secchi contenenti abiti da sposa. Si dona un momento di speranza e di ritrovata felicità dopo un percorso carico di pathos. Si, l’acqua ha un significato sacro. Con “Water”, non penso di aver esaurito i molteplici significati dell’acqua, bisognerebbe pensare a Water 2….chissà?”

Lo spettacolo è una riflessione sull'importanza vitale di questo prezioso elemento che si spera rimanga un bene comune nonostante gli enormi interessi per la sua privatizzazione. Come ti poni a pochi giorni dal referendum sulla normativa del governo che costringe le aziende pubbliche a dismettere buona parte del loro capitale a favore dei privati
Penso che si rifletta poco su cosa è realmente l’acqua. Non bisognerebbe perdere tempo parlando di privatizzazione ma bisognerebbe pensare all’inquinamento, allo spreco e al cattivo utilizzo della nostra preziosa risorsa, questi sono gli argomenti fondamentali di cui si dovrebbe parlare affinché non vengano compromessi gli equilibri ambientali e la qualità della vita di tutti gli abitanti della terra. Tutto ciò non avviene, e quindi tanti non riflettono abbastanza sul suo significato. Non sanno, forse è meglio dire non ricordano, che un miliardo e 400 milioni di persone del pianeta non hanno accesso all’acqua potabile. Il rischio è che nel 2025, quando la popolazione supererà gli 8 miliardi di esseri umani, il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile aumenti a più di 3 miliardi”. Questo è parlare di acqua. Io stessa, affrontando la creazione, ho migliorato il mio atteggiamento nei suoi confronti”.

Perché si dovrebbe dire no alla privatizzazione?
La mia risposta sembrerà banale ma è la più ovvia: L’acqua è “l’elemento“ fondamentale per la vita dell’uomo, degli animali e della natura. L’acqua appartiene a tutti, è un bene universale. E deve rimanere lontana da qualsiasi logica di profitto”.
Raccontaci come e perché nasce il gruppo E-motion, una compagnia che ha partecipato ai più importanti festival nazionali e che è stata inserita nella programmazione dei maggiori circuiti di distribuzione.
Il Gruppo e-motion nasce dall’esigenza di viaggiare da sola nel mondo della regia e della coreografia. Prima avevo sempre lavorato, oltre che in qualità di danzatrice, come coreografa per altre compagnie. Sicuramente scaturisce dalla mia esigenza di indagare e raccontare qualcosa”.

Quali palcoscenici ti attendono nel cartellone estivo degli spettacoli di danza?
Iniziamo la nuova produzione la prossima settimana, ALICE (oltre lo specchio), che debutterà al Festival di “Vignale Danza” a luglio, ma proseguiranno anche le date di “Water” tra le quali voglio ricordare la rassegna “E45Napoli Fringe Festival”, all’interno di “Napoli Teatro Festival Italia”.

Carmen Iovine, autrice, Rosaria Iovine regista e coreografa, Siliana Crocchianti, collaboratrice alla coreografia. Hanno messo insieme le loro esperienze ed hanno dato vita a “Stanza 22”, un lavoro scritto a più mani che racconta il dramma della detenzione carceraria.
Contemporaneo sensibile” così recita il sottotitolo della rassegna Danze Barbariche. Secondo Rosaria Iovine la danza può contribuire a momenti di riflessione sulle grandi tematiche sociali?
Credo che la danza possa contribuire alla riflessione di tematiche sociali, culturali, storiche...e anche no. L'arte è libera espressione. Nel mio caso ho deciso di intraprendere un viaggio nel sociale e spero che lo spettacolo “St22” possa “incoraggiare” ad una riflessione sulla condizione delle donne in carcere”.

Carmen, la condizione del carcere femminile l’hai potuta percepire portando all’interno di un penitenziario “Stanza 22”. Cosa ne è scaturito?
Non abbiamo portato “St22” in carcere. E’ successo che è nata prima l’idea di mettere in scena questo tema. In seguito Rosaria mi ha commissionato la scrittura del testo per poi affrontare tutte insieme un lungo lavoro di laboratorio. Ci siamo chiuse in sala cercando di capire la linea da intraprendere, poi è arrivata la scelta di voler lavorare solo con le danzatrici. Ma fino a quel momento non eravamo ancora entrate in carcere. Si è presentata l’occasione in un secondo momento. Rosaria ha continuato ad avere il pensiero fisso di lavorare con le detenute e fare un tipo di lavoro che in qualche modo aiutasse i corpi reclusi a reagire a quei dolori, a quelle trasformazioni che avvengono lì dentro e che noi abbiamo raccontato in “St22”. Il laboratorio svolto in carcere è iniziato nel mese di dicembre e si concluderà alla fine di giugno. Ognuna di noi ha avuto delle sensazioni, delle reazioni differenti. Nel testo ho scritto di un corridoio lungo, illuminato dalle luci al neon e quando mi sono ritrovata dentro a percorrere quel corridoio sono stata colpita dal fatto che me l’ero immaginato esattamente così. La sensazione è quella di non arrivare mai, sono sempre troppo lunghi i percorsi anche se poi di fatto sono sempre gli stessi che facciamo: dall’ingresso fino alla palestra dove appunto si svolge il laboratorio” 
 
Rosaria precisa
Non abbiamo portato “St22” in carcere come spettacolo, ma da un certo punto in poi i due lavori (spettacolo e laboratorio) hanno camminato uno accanto all'altro, sconfinando uno nell'altro. Personalmente faccio fatica a scindere le due cose perché inevitabilmente le detenute di Rebibbia hanno contribuito al processo creativo del nostro spettacolo.”

Il testo è un viaggio nella disperazione, nell’umiliazione e nella fragilità di chi vive l’esperienza carceraria. Però nell’ultimo quadro si sente l’Opa Cupa, il grido di esortazione alla danza, alla vita, alla libertà. Secondo Siliana Crocchianti, che ha collaborato alla coreografia, c’è dunque la speranza di fuggire dalla disperazione
Il carcere è un luogo prossimo alla morte (ma non è un cimitero) credo sia chiaro che le persone che si trovano a vivere tale esperienza manifestino fragilità, disperazione e umiliazione. L'unico modo per salvarsi è scegliere di non morire. Questo è il nostro messaggio!”

Aggiunge Rosaria…
Lo spettacolo non è un viaggio nella disperazione, c'è anche tanta ironia. Ho chiesto a Carmen di scrivere il testo perché la sua scrittura denuncia senza “appesantire”

Secondo te Rosaria c’è un modo per salvarsi da tutte quelle patologie che quasi inevitabilmente affliggono il detenuto
A nessun essere vivente fa bene star rinchiusi in spazi piccoli e affollati...abbiamo bisogno di aria, di luce, di spazio...Ma non voglio parlare di patologie, non sono un medico. É più opportuno parlare delle emozioni imprigionate nel corpo, del malessere, del disagio, della costrizione”

E per Siliana?
Il benessere fisico ed emotivo di un individuo presuppone delle condizioni che all'interno di un carcere sono negate. Quindi non credo si possa sfuggire a uno stato di malessere o di malattia”

Rosaria e Siliana potete descrivere i quattro quadri che compongono “Stanza 22”
Abbiamo individuato all'interno del nostro lavoro quattro momenti, quattro situazioni che sono: l'attesa, il sacco (vuoto avvolgente, baratro aspirante), il gioco, l' inno alla libertà (Opa Cupa). Ma le suddivisioni sono sempre riduttive…è difficile raccontarlo a quadri perché ogni quadro è contaminato dall'altro, la distinzione non è così netta, è fittizia. “St22” è un viaggio emozionale, uno, continuo, risulta difficile sezionarlo” 
 
Il successo di “Danze Barbariche” è stato quello di aver proposto, oltre alla danza, coreografe impegnate nell’affrontare storie di stretta attualità: Francesca La Cava con “Water” ci ha parlato dell’acqua come fonte di vita, Michela Barasciutti, Marika Vannuzzi ed Elisabetta Rosso in “Looking Out” ci hanno presentato tre letture differenti dell’universo femminile, ed infine voi che in “Stanza 22” ci proponete la follia dell’universo carcerario. Insomma sono sempre le donne le principali artefici della visione creativa del mondo esterno

Tra le autrici serpeggia un momento di perplessità e di esitazione, ma poi risponde Carmen: “La creatività è donna. Ma forse così sono troppo femminista. Nonostante l’emancipazione alcune sfumature delle donne sono ancora ombrate; troppe poche drammaturghe, troppe poche registe, testi con pochi personaggi femminili, per cui non posso essere che contenta di questa carrellata di donne che raccontano il sociale. E poi, sarò retorica, popolare, ovvia ma io penso che la sensibilità delle donne artiste, la loro pancia, è qualcosa che riesce a guardare lontano”.
La rassegna dopo il primo ciclo di spettacoli, in questa seconda metà di giugno ha in cartellone il laboratorio di teatro e danza (dal 13 al 19) condotto da Giovanna Summo e Rosa Morelli “Siddharta” da Hermann Hesse. Un lavoro pensato in occasione dei centro anni dal viaggio che lo scrittore tedesco intraprese verso l’India alla ricerca della pace interiore. In chiusura, dal 23 al 26 giugno, Hal Yamanouchi ed Aurelio Gatti, con la partecipazione dell’attrice Elisabetta Pozzi, proporranno il workshop “Cassandra – La messa in scena del mito”. Un lavoro ispirato ad una figura tra le più fragili tra le eroine classiche della mitologia greca. Sono previsti tre incontri sulla messa in scena di quattro ore (dalle 15 alle 20). Il costo dell’iscrizione è di 100 euro. Tutte le informazioni a Fonderie ‘900, via Assisi 33 (Roma); telefono 06635452444

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